Le parole del nostro inno

Un’analisi di Elisa Pennati

Ogni volta che gioca la nazionale lo sentiamo cantare, e ci divertiamo quando gli atleti non sanno le parole, ma conosciamo il significato del testo del nostro inno?

Vediamo il significato delle singole strofe.

1  Fratelli d’Italia 

    L’Italia s’è desta, 

    Dell’elmo di Scipio 

    S’è cinta la testa.

Publio Cornelio Scipione (Scipio), o Scipione l’africano, generale romano che sconfisse i Cartaginesi e Annibale. La sua vittoria decretò la schiacciante vittoria dei romani. 

L’Italia si cinge dell’elmo di Scipione, che richiama il grande potere dei romani; l’Italia è infatti ormai pronta a combattere per la propria indipendenza dall’Austria.

5  Dov’è la Vittoria? 

    Le porga la chioma, 

    Ché schiava di Roma 

    Iddio la creò. 

Mameli é convinto che in caso di rivolta, la Vittoria sarà certamente degli italiani, perché così è voluto dal fato. La Dea Vittoria dovrebbe porgere la chioma perché sia tagliata, come segno di sottomissione a Roma: si fa riferimento all’antica usanza di tagliare i capelli alle schiave per distinguerle dalle donne libere che li tenevano lunghi per sottolineare il loro stato.

     Stringiamci a coorte 

10 Siam pronti alla morte 

     L’Italia chiamò. 

“Stringiamci a coorte” é un’esortazione a tutti gli italiani a presentarsi alle armi, rimanere uniti e disposti a morire per combattere gli oppressori. La coorte era infatti la sesta unità di una legione romana, composta da 600 uomini.

     Noi siamo da secoli 

     Calpesti, derisi, 

     Perché non siam popolo, 

15 Perché siam divisi. 

     Raccolgaci un’unica 

     Bandiera, una speme: 

     Di fonderci insieme 

     Già l’ora suonò.

L’Italia del 1848 é ancora un’Italia divisa in sette stati (Regno delle due Sicilie, Stato Pontificio, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Regno Lombardo-Veneto, Ducato di Parma, Ducato di Modena). In questi versi è espresso il desiderio, la speranza (speme) di un’Italia unita, raccolta sotto un’unica bandiera.

20 Stringiamci a coorte 

     Siam pronti alla morte 

     L’Italia chiamò. 

     Uniamoci, amiamoci, 

     l’Unione, e l’amore 

25 Rivelano ai Popoli 

     Le vie del Signore; 

     Giuriamo far libero 

     Il suolo natìo: 

     Uniti per Dio 

30 Chi vincer ci può?

Mameli, grande sostenitore dell’idea mazziniana, incita ancora una volta il popolo italiano a unirsi per arrivare alla realizzazione della repubblica. Uniti anche grazie al sostegno di Dio, protettore e sostenitore degli oppressi.

     Stringiamci a coorte 

     Siam pronti alla morte 

     L’Italia chiamò. 

     Dall’Alpi a Sicilia 

35 Dovunque è Legnano, 

     Ogn’uom di Ferruccio 

     Ha il core, ha la mano, 

     I bimbi d’Italia 

     Si chiaman Balilla, 

40 Il suon d’ogni squilla 

     I Vespri suonò. 

(34-35) La battaglia di Legnano, del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse Federico I di Svevia. A seguito della sconfitta l’imperatore fu costretto a rinunciare alle sue pretese di supremazia. Stipulò una tregua di sei anni con le città lombarde, a cui seguì nel 1183 la pace di Costanza in cui dovette riconoscere le autonomie cittadine.

(36-37) Si riferisce alla difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall’esercito di Carlo V d’Asburgo tra il 1529 e il 1530. Durante la battaglia Francesco Ferrucci viene ferito a morte e finito da Fabrizio Maramaldo, capitano di ventura al soldo dell’esercito imperiale, il cui nome è diventato sinonimo di ‘vigliacco’.  Il 12 agosto i fiorentini firmarono la resa che li sottometteva nuovamente ai Medici.

(38-39) Balilla, simbolo della rivolta popolare Genovese contro la coalizione austro-piemontese. Balilla è il soprannome del ragazzo che il 5 dicembre 1746 lanciò una pietra contro un ufficiale, dando inizio alla rivolta che portò alla liberazione della città.

(40-41) I vespri siciliani, insurrezione dei siciliani dopo sedici anni di domini Angioino (francesi) che si diedero agli Aragonesi (spagnoli). All’ora dei vespri del lunedì di Pasqua del 31 marzo 1282 tutte le campane si misero a suonare per sollecitare il popolo di Palermo all’insurrezione contro i francesi.

     Stringiamci a coorte 

     Siam pronti alla morte 

     L’Italia chiamò. 

45 Son giunchi che piegano 

     Le spade vendute: 

     Già l’Aquila d’Austria 

     Le penne ha perdute. 

     Il sangue d’Italia, 

50 Il sangue Polacco, 

     Bevé, col cosacco, 

     Ma il cor le bruciò. 

L’Aquila era il simbolo imperiale dell’Austria degli Asburgo, che era in declino (le spade vendute sono le truppe mercenarie di cui erano piene le file dell’esercito imperiale) e Mameli chiama un’ultima volta a raccolta le genti italiche per dare il colpo di grazia alla dominazione austriaca. Fa anche un parallelismo con la Polonia: tra il 1772 e il 1795, l’Impero austro-ungarico, assieme al “cosacco” (la Russia) aveva invaso la Polonia. Il sangue italiano e polacco, può però trasformarsi in veleno attraverso la sollevazione contro l’oppressore straniero.

     Stringiamci a coorte 

     Siam pronti alla morte 

55 L’Italia chiamò.

Consigliamo vivamente la visione del mini documentario “Il Canto degli Italiani” sulla piattaforma Rai Play.