Gentilissimo Alessandro Manzoni,
Cosa vi è saltato in mente di scrivere i Promessi Sposi?
Perché scrivere un tale romanzo che avrebbe afflitto noi, e generazioni intere di giovani italiani?
Volevate torturarci?
Pensavate, ingenuamente, che sarebbe divenuta un’opera amata negli anni a venire?
Seppur, a suo tempo, possiamo credere fosse amata dalle folle, così non è ora.
Ma cercherò, adesso, di esporle alcuni degli innumerevoli motivi per cui la vostra opera riceve tanto odio.
Innanzitutto un problema, ora evidente, è il linguaggio, che agli occhi di noi giovani del futuro risulta monotono, difficile e dal ritmo esasperantemente lento.
Che poi: volete veramente farci credere parlassero così nella vita quotidiana?
Per noi del 2000 sarebbe come parlare un italiano da dizionario, oltremodo complicato, improbabile e ridicolo.
E non fatemi pensare, poi, a come tentate di nascondere i vostri pensieri e commenti dietro ad un fantomatico autore dell’antichità.
Timore che è meglio non sappiate come può esser definito ai giorni nostri: sarebbero termini indegni e volgari!
Parliamo, invece, della storia in sé, ignorando le barriere temporali e linguistiche che ci separano.
Prima di iniziare, però, è giusto che vi dica che il vostro uso eccessivo di simbolismo ha causato irritazione a più di uno di noi.
Ma continuiamo questa lettera di lamentele parlando dei vari scenari dove la storia prende vita.
Delle località siamo abbastanza soddisfatti, d’altronde sono più descrizioni che invenzioni vostre.
Certo, a volte vi siete dilungato un poco più del necessario su esse ma, in virtù dei meravigliosi paesaggi descritti, ignoreremo questo dettaglio.
Ed in particolare, meraviglioso è il viaggio di Renzo verso l’Adda.
Siamo poi sicuri che sarete contento di sapere che le città da voi descritte ancora esistono al giorno d’oggi.
Ah, ma ora arrivano gli argomenti per voi più dolorosi: i personaggi da voi creati e la trama accuratamente tessuta.
Ah, se potessimo raccontare ogni singolo difetto nei personaggi di questa storia!
Ma, ahimè, non abbiamo abbastanza tempo, né desiderio di annoiarvi come voi avete fatto con noi.
Pertanto discuteremo con voi solo i personaggi più noiosi, o irritanti.
Iniziamo con i protagonisti: Renzo e Lucia.
Renzo, di per sé, non manca di realismo né causa reazioni particolarmente negative nei suoi confronti.
O almeno fino a che non inizia a usare Lucia come repellente contro i cattivi pensieri.
Siamo onesti: chi di noi smetterebbe di organizzare un omicidio al solo pensiero dell’amato?
E sì, il problema è Lucia, la Santa della situazione.
Ah, il nervoso!
Che dolore leggere le scene ove appare!
Mentre per Renzo ha una presenza calmante per noi diviene una tortura quandunque appare.
Lei, che dovrebbe essere icona di santità e delle virtù che i cristiani sono tenuti ad avere, causa più irritazione che ispirazione.
Il suo comportamento basato sulla fede risulta in sole scelte sciocche ed ingenue, che a noi appaiono snervanti.
Ciò culmina poi con il suo rapimento: ignara dei pericoli lascia il monastero e si fa avvicinare, e rapire, dai bravi dell’Innominato.
Una volta imprigionata, poi, si dispera e prega, mentre altri ci avrebbero pensato due volte prima di uscire, o avrebbero riflettuto su ciò che sarebbe potuto andare storto (ah, che pensieri avrebbero avuto gli allenati pessimisti di tutti i giorni).
E mi scuso, giacché prima avevo promesso di ignorar la barriera temporale che ci separa, ma va sottolineato che nella cultura italiana attuale, multietnica e decisamente meno legata alla religione, il significato di fede va scemando e l’insistenza su tale virtù appare un’inutile seccatura.
Ma non solo mali vi sono tra i personaggi da voi creati, caro il nostro Manzoni.
Fra Cristoforo, la Monaca di Monza e talvolta anche Perpetua catturano la nostra simpatia per il loro realismo.
E sorprendentemente così fa anche Don Abbondio, e per alcuni anche Don Rodrigo.
Don Abbondio, così comico e pauroso, suscita una tale ilarità, soprattutto messo fianco a fianco con lo stoico Innominato ed il saggio Monsignor Borromeo.
Ma, ahimè, neanche tale gioia ci lasciate.
Poiché sì, anche voi siete stato colpito dalla sindrome dell’Uccisione di massa.
Noi comprendiamo la necessità di lasciar morire di peste personaggi a noi noti, e spesso amati, per rendere realistica la minaccia della malattia.
Però voi avete portato tutto ciò all’estremo.
*
Avete sacrificato Fra Cristoforo e Perpetua per stupirci e darci un’idea della gravità del momento.
Ed in più il povero Tonio, giovinetto che subì la peste e vi sopravvisse a gran costo (subendo lesioni al cervello causate dalla malattia).
Perché darci così tanto dolore, insieme alla morte di Don Rodrigo, che tanti potrebbero compatire per il tradimento del Griso?
*
Ma vi è un qualche cosa che ha protetto Lucia e Renzo, uno scudo che voi avete posto per lasciar proseguire la storia.
Mentre possiamo comprendere la necessità di mantenere entrambi i promessi sposi vivi, ciò non significa che doveste lasciarli andare senza sofferenze, in particolare Lucia.
D’altronde possiamo tutti notare che non era possibile danneggiare le già quasi inesistenti capacità mentali della ragazza.
Del finale, però, possiamo dirci soddisfatti: i due promessi non hanno un vero e proprio lieto fine, così come non esiste nella realtà.
E avremmo anche alcuni dubbi sul loro diritto ad esser contenti.
Vero è che hanno sofferto e passato molti guai prima di rincontrarsi e sposarsi.
Altrettanto veri, però, sono la disperazione ed il dolore provati da noi poveri giovani del futuro.
Ciò conclude pressapoco ciò che volevamo farle sapere, caro Manzoni.
Certo, innumerevoli lamentele sono state escluse da questa nostra lettera ma, per elencarle tutte, avremmo bisogno di altrettante innumerevoli vite.
Forse sarebbe stato meglio tenere questa vostra opera in Fermo, che dite?
In ogni caso, mentre potremmo non confidare in Dio tanto quanto Lucia, abbiamo fede che non dovremo più sottoporci alla tortura da voi scritta.
Addio, o autore della nostra disperazione.
Addio, Alessandro Manzoni.
Addio, Promessi Sposi.
di Giada Crespi