“Una realtà immaginaria”

Era un normalissimo lunedì mattina, mi svegliai presto. Sentii suonare la sveglia con l’ultimo singolo di Dua Lipa, Physical, rimasi a letto ascoltando l’intera canzone dopodiché la spensi e , a fatica, misi a terra un piede dopo l’altro, infilandoli nelle mie fredde ma morbide ciabatte. Mi alzai, svogliata come di consueto. Uscii dalla camera. Mi avviai verso le scale e, gradino dopo gradino, giunsi finalmente in salotto. Lo attraversai e, trascinando i piedi quasi a voler lasciarmi cadere per poter riposare altri cinque minuti, giunsi in cucina ripensando al sogno ambiguo e sospetto che mi venne interrotto dal suono della sveglia. Fu un episodio che sognai anche diverse settimane prima. Ricordo che tornai dagli allenamenti sfinita, mi lavai e andai a letto senza cena. Appena appoggiai il capo sul cuscino crollai in un sogno profondo. Sembrò durare un’eternità, tant’è che il sogno pareva non voler finire. Posso dire che rivissi la mia intera esistenza tutta in una singola notte, quella notte. Quello strano sogno, se si può definire così, ricordava molto la mia vera vita, la solita noiosissima vita di una liceale, infatti ero alta, circa sul metro e settanta, capelli corvini e occhi verdi con tendenze all’azzurro e al marrone. Durante la mia “seconda vita” ricordo di essere andata, come di norma, a scuola. Non appena entrai nell’edificio incontrai i miei 4 migliori amici, nonché compagni di classe e ricordo che sentii che stavano parlando della “avventura” che avremmo fatto proprio quel fine settimana.Mi avvicinai e mi feci spiegare ciò che avremmo fatto, giusto i particolari che mi erano sfuggiti anteriormente, in seguito andammo in classe impazienti di poter andare in quella fantastica baita in mezzo alla natura.Finalmente…finalmente arrivò il fatidico giorno, quello della partenza.Il luogo in cui ci saremmo dovuti vedere era il giardino della casa di Bella, poco distante dalle mia e da quella del suo fidanzato Ronnie. Io fui la prima ad arrivare ed aiutai Bella con le sue valigie, quella ragazza è veramente ostinata con i vestiti, il suo armadio al primo impatto sembra un centro commerciale…ma comunque riempite le valigie le caricammo in macchina e andammo in salotto ad aspetta l’arrivo degli altri. Nel mentre che aspettavamo le chiesi :” Come va con Ronnie? Ultimamente vi vedo molto distanti…sei vuoi parlarne io ci sono e quando avrai bisogno di sfogarti fammi un cenno.”Esitò qualche secondo prima di rispondere, ma poi mi disse :” Va tutto bene, tranquilla e grazie per essermi sempre accanto”.Suonò il campanello.Erano gli altri, in ritardo come al solito.Io e Bella uscimmo e io dissi loro :” Dobbiamo sbrigarci se vogliamo arrivare prima che faccia buio”, a queste mie parole tutti annuirono e in un attimo fummo in macchina pronti per partire. Andammo con due macchine. Io, Bella e Ronnie in una e George andò con Anna. Dopo due interminabili ore passate a sentir bisticciare i due fidanzatini finalmente arrivammo. C’è un particolare di quella macchina che ricordo come se ci fossi veramente entrata, l’odore pungente di alcol mischiato a quello di marijuana che ogni due per tre mi costringeva ad abbassare il finestrino a causa dell’aria non respirabile.Quando scesi dalla macchina rimasi a bocca aperta per l’immensa bellezza della baita dei genitori di Ronnie. Era costruita su due piani e con una grande terrazza che si affacciava sul panorama. Quando George aprì la porta l’unica parola che riuscii a dire fu :” Wow!”. Superato l’uscio si presentava un salone con cucina open space che occupava l’intero piano, mentre su quello superiore c’erano le camere da letto e i bagni, posti ad entrambi i lati di un lungo corridoio. Ci dividemmo le stanze e andammo tutti quanti a disfare le valigie. L’unica camera matrimoniale la occuparono Bella e Ronnie, i quali non uscirono per molto tempo dalla stanza e noi di sicuro non andammo a disturbarli, qualunque cosa stessero facendo. Arrivò in fretta l’ora di cena.Volemmo festeggiare, Anna stappò una bottiglia di Cabernet e ne bevemmo un bicchiere per uno. Si sa un bicchiere tira l’altro e ci ritrovammo la mattina seguente, qualcuno sul pavimento, qualcun altro sul divano ancora con la sbornia da smaltire, ma non completamente ubriachi come la sera precedente.Fui la prima a svegliarmi e vidi che all’appello mancava Ronnie, subito pensai che fosse andato con Bella in camera loro, ma quest’ultima stava ancora dormendo ai piedi di Anna. Non mi preoccupai più del tanto ma volli comunque andare a controllare.Senza pensare andai direttamente in camera sua, ma lì non trovai nessuno. Allora ispezionai ogni stanza, ma del ragazzo nessuna traccia.Andai a ricontrollare in salotto. Feci per andare a prendermi un bicchiere d’acqua dal rubinetto della cucina e in quel momento mi si gelò il sangue e sbiancai. Lo vidi.Era lì per terra, immerso in una pozza di sangue ancora fresco. In quel momento cacciai un urlo così forte che fece sobbalzare gli altri che subito accorsero per vedere cosa fosse successo. Solo allora si resero conto della tragedia. Quattro ragazzi all’apparenza innocenti, ma con un lato oscuro celato in ognuno di loro. Tra di noi pareva esserci un assassino o quanto meno qualcuno di colpevole c’era, poteva anche non appartenere al nostro gruppo, ma l’omicida esisteva e non era frutto della nostra immaginazione. Bella fu quella che reagì peggio di tutti dicendo di volersene andare. E così fece. L’ingenua ragazza però, decise di addentrarsi nel bosco piuttosto che perdere tempo a cercare i mazzi di chiavi delle macchine che erano improvvisamente scomparsi. George e Anna vollero seguirla ma appena misero piede fuori dalla baita lei era già scomparsa tra la vegetazione. Io restai lì impassibile. Non riuscivo a muovermi, non avevo mai visto così tanto sangue e tanto meno un cadavere, rimasi sconvolta. Quando mi vennero ad avvisare del fatto che Bella se ne fosse andata in mezzo al bosco, reagii d’istinto e corsi a cercarla, non potevo perdere anche lei, pensai. Non avendola trovata, dopo circa un’ora ritornai in casa e lo stesso fecero George e Anna. Preoccupati non mangiammo e aspettammo con ansia il suo ritorno. Ad un certo punto sentii un rumore provenire da fuori. I ragazzi stavano dormendo e non volli svegliarli così andai a controllare personalmente. Uscii e non vidi nessuno, chiesi persino :” C’è qualcuno” e in effetti non mi arrivò risposta. Perciò rientrai e mi misi sul divano, poco dopo mi addormentai.Al mio risveglio mi ritrovai sola, però udii degli strani versi provenire dalla terrazza al piano di sopra che vennero poi seguiti da un urlo straziante. Accorsi a vedere e Anna mi indicò con l’indice il lago non molto distante dalla casa. Di primo acchito non capii cosa fosse quella sagoma che galleggiava sulla riva, ma poi mi venne in mente Bella e il fatto che potesse essere lei quella figura sconosciuta.Chiamai George che mi accompagnò al lago. Nel tragitto continuavo a ripetermi che non poteva essere lei e mi rassicuravo dicendo che Bella stesse bene e avesse trovato un modo per tornare a casa, ma quelle speranze svanirono non appena vidi il corpo, il suo corpo, era lei, anche questa volta non ero riuscita ad impedire che venisse fatto del male a uno dei miei amici. Scoppiai a piangere appoggiandomi a George che notò un’accetta a pochi passi dal cadavere. Non le demmo molta importanza e così tornammo a casa tristi più di prima. Ancora una volta provammo a chiamare i soccorsi ma i telefono non prendevano. Non sapevamo che fare, le chiavi erano scomparse e i telefoni erano praticamente inutili. Una cosa la sapevo però, se saremmo rimasti lì avremmo avuto poche possibilità di non finire come Ronnie e Bella, avremmo dovuto trovare il modo di chiamare aiuto. Ci mettemmo d’accordo e alla fine decidemmo di andarcene da quella casa per tentare di trovare qualcuno che avrebbe potuto aiutarci o prestarci soccorso. Erano più o meno le due e trenta di pomeriggio e se non avessimo trovato una via d’uscita da questo abominio prima di sera, avremmo dovuto passare la notte nel cuore del bosco. Non particolarmente fortunati dovemmo passare la notte lì e accamparci sotto un albero facendo a turni la guardia per restare sempre in allerta. Iniziai io e rimasi sveglia per un paio d’ore poi mi dette il cambio George che a sua volta fece due ore. All’improvviso venni svegliata dal rumore di un ramo spezzato e notai che George si era addormentato. Mi girai per vedere se Anna stesse dormendo, ma non la vidi. Mi alzai di colpo e mi precipitai da George, cercai di svegliarlo bruscamente per avvisarlo della sparizione di Anna, ma lui non diede segni di vita. Sentivo il cuore battere ancora, ma probabilmente era svenuto. Notai che il colore delle dita e delle labbra era di un verdognolo quasi nero così gli alzai le palpebre e vidi che aveva gli occhi rossi, presunsi che fosse stato avvelenato, così gli aprii la cavità orale e vidi i resti di quello che sembrava potesse essere un fugo altamente nocivo per l’uomo. Avevo ragione, infatti, si trattava di un raro esemplare di Rhymo, fungo di color rosso eccesso con striature nere lungo tutto il cappello e le lamine color nero opaco. Pensai che non fosse mortale, ma in pochi minuti, George, divenne bianco cadavere, ma non potevo star lì a disperarmi quando Anna era ancora viva, lo speravo, così mi incamminai in cerca della mia amica. Girai, girai e girai. Ma fu tutto invano e me ne accorsi quando arrivai in un punto del bosco in cui si trovava il ceppo di un albero enorme su cui si trovava una macchia color bordeaux tendente al nero. Mi avvicinai incuriosita e all’improvviso sentii un forte odore, mi sembrava familiare e mi venne in mente dove lo avessi sentito prima. In casa, di preciso in cucina, dove si trovava Ronnie, e in attimo alzai lo sguardo e la vidi, era lì, appesa ad un albero il cui ramo finiva proprio sopra il ceppo. Gocciolava ancora, l’avevano aperta, letteralmente, e l’avevano spogliata dei suoi organi interni eccetto il cuore, quello era dove doveva essere.Sentii una fitta stretta al petto, in qualche modo mi ritenevo responsabile per la loro morte, anche se nel profondo sapevo che non lo era. Il fatto che il cuore venne lasciato all’interno della povera ragazza mi fece venire in mente che poteva essere opera di qualche setta oppure, una o più persone legate a dei riti satanici. Quale mostro farebbe una cosa del genere ad una ragazza innocente, dal viso angelico e occhi da cerbiatto indifeso. È la descrizione di Anna, o meglio, quella che ora non esisteva più a parte nei miei ricordi.Mentre tornai verso la baita, in lacrime ripensai ai miei amici uno per uno.Ronnie, il bello del gruppo con il suo ciuffo castano e i suoi occhi azzurri che facevano sbavare ogni ragazza. Tra tutte lui scelse Bella, forse lo fecero innamorare i suoi occhi neri, come pece, e i suoi capelli biondo platino, oppure il suo carattere, a volte dolce e a volte isterica a seconda di come le girava.Poi George, un ragazzo gentile, buono e ben educato, aveva i capelli e gli occhi castani, portava gli occhiali ed era molto studioso. Infine Anna, come ho già detto una brava ragazza e dolce. Aveva gli occhi verdi e i capelli rossi, era piena di lentiggini, quanto gliele invidiavo…Persa tra i miei pensieri persi la strada di ritorno e mi ritrovai su una strada.Era talmente stanca e sfinita che mi lasciai andare cadendo sul freddo e umido cemento, in pochi secondi chiusi gli occhi addormentandomi. Quando li riaprii, i primi oggetti che vidi furono una borsa medica ed un ago conficcato nel mio braccio. Mi girai e alla mia destra c’era un infermiere, solo allora capii dove mi trovassi, a bordo di un’ambulanza. Erano riusciti a salvarmi, io ce l’avevo fatta, ero sfuggita al massacro, anche se in colpa per i miei amici. Mi riaddormentai. Nella mente mi risuonava una voce che diceva il mio nome, continuava a ripeterlo, non smetteva.Piano piano la voce si fece sempre più forte fino a rendersi perfino fastidiosa, cosicché all’improvviso aprii gli occhi.Feci per portarmi le mani sul viso ma sentii qualcosa che me lo impediva, lo stesso per i piedi, mi guardai, vidi che mi avevano bloccato gli arti in modo da non poter scappare in qualche modo. A fianco al letto c’era una donna vestita interamente di bianco che mi liberò e mi disse di non muovermi fino a che lei non fosse uscita dalla stanza. Così feci. Non appena uscì mi alzai, mi guardai attorno. Le pareti erano bianche, il pavimento e il soffitto erano bianchi, la scrivania, il letto, i miei vestiti, tutto era solo ed esclusivamente bianco. Notai sulla scrivania dei disegni i quali raffiguravano gli omicidi commessi sui miei amici, a fianco dei fogli, ma non dei fogli normali, si trattava della mia cartella clinica. In prima pagina c’era la foto di una donna con sotto la scritta “accusata di omicidio”. Guardai il nome di questa donna e vidi che quello era proprio il mio nome. Pareva tutto così surreale, è tutto un brutto incubo, pensai, ma la riconferma la ebbi quando sentii un uomo dietro la porta serrata dire :”Sara, è pronta la cena”. Da lì capii che non era semplicemente un sogno. Non è un incubo è la vita reale, io mi chiamo proprio così, Sara, e mi trovo in un ospedale psichiatrico da ben ventidue anni, accusata di un omicidio il quale credevo semplicemente un sogno.